Coronavirus
tra paure e speranze

In questo periodo pubblicheremo alcune riflessioni e preghiere fatte da nostri amici durante i primi tempi della Pandemia per condividere paure e speranze e con l’auspicio che anche altri possano offrire il loro contributo inviando a:  info@parrocchiasanlazzarolecce.it

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La pandemia da “COVID 2019” è sicuramente una delle pagine più tristi della storia recente. Sono ancora impresse nella mente di ciascuno di noi le immagini spettrali delle bare portate via in numero impressionante dai mezzi militari dell’esercito, cimiteri a cielo aperto in cerca di un posto ove cremare le povere salme.
Sono convinto che anche l’essere umano animato dai peggiori sentimenti non possa essere rimasto indifferente difronte a tanta sofferenza e solitudine, provando emozioni difficili da esternare.
La fine dell’esistenza terrena è evento che angoscia da sempre ogni essere umano, immaginarsi ad affrontarlo in totale solitudine e fra atroci sofferenze come è accaduto alle povere vittime del COVID 2019.
Il tempo e la ripresa di una vita “normale” certamente aiuterà ciascuno di noi a mettere alle spalle questa triste pagina di storia, ma le cicatrici, nel cuore e nell’animo di ciascuno di noi, rimarranno indelebili proprio come quelle che residuano dopo un intervento chirurgico.
La mente va necessariamente a coloro che, oltre a perdere in maniera drammatica i propri cari e/o amici, si trovano — ora e per il futuro – a dover affrontare problematiche economiche gravissime, conseguenza della perdita delle fonti di reddito dalle quali, prima delle pandemia, traevano sostentamento.
Già, perché il “COVID19”, oltre a mietere in tutto il mondo centinaia di miglia di vittime, ha “cancellato” milioni di posti di lavoro, mandando sul lastrico un numero incalcolabile di famiglie che, giocoforza, vedono il loro futuro costellato di difficoltà.
Il pensiero, tuttavia, non può non andare anche ai tanti poveri anziani che, dopo una vita di sacrifici, sono andati incontro ad una morte atroce, a volte, purtroppo, a seguito di “scelte” dolorose che i medici hanno dovuto fare per salvare vite più giovani.
Baluardo della nostra società, fonte inesauribile di saggezza, sostegno per i giovani ancora in cerca di occupazione, sono stati “sacrificati” in ragione di altre priorità, ma forse — è onesto dirlo — anche da logiche della nostra società orientate sempre meno alla loro tutela.
Quasi che lo scorrere degli anni fosse una colpa che emargina dal tessuto sociale, piuttosto che una fonte da cui attingere.
Se ci vorranno anni, forse decenni, per ricostruire lo strappo al tessuto economico/sociale provocato dal “COVID19”, sin da subito ciascuno di noi è chiamato a riflettere sulla nostra fragilità e sulla effimeratezza dell’esistenza terrena.
E’ bastato un virus, di dimensioni infinitesimali ed invisibile, per terrorizzare l’umanità intera, costretta a chiudersi in casa per evitare di soccombere definitivamente. La speranza è che ciascuno di noi — in questi mesi trascorsi in casa — abbia avuto finalmente il tempo di fermarsi a riflettere sull’essenza della vita per la quale Dio ci ha creati.
Sì, il tempo che spesso facciamo scorrere freneticamente fra mille impegni che ci impediscono, a volte, persino di ragionare, oltre a renderci oltremodo irascibili.
Dio ci ha creati per amore, non per egoismo, danaro e potere che oggi sono al centro dell’interesse di tutto il tessuto societario, a partire dalla politica.
E’ necessario recuperare valori fondamentali come la famiglia, l’amicizia, la solidarietà, la fedeltà coniugale e ciascuno di noi deve essere strumento di trasmissione sociale di tali valori.
Anche la mitezza — oggi sempre più sostituita da comportamenti saccenti ed arroganti —va recuperata perché infonde sentimenti di fratellanza che sono alla base dell’esistenza civile.
Credo fermamente che siamo di fronte ad un bivio: se l’umanità non recupera l’essenza di se stessa mettendo Dio al centro della propria vita, si prefigurano scenari molto tristi per il suo prosieguo nel mondo.
Saremo sempre più travolti da noi stessi e non basterà più chiudersi — come spesso facciamo oggi — nella realtà virtuale per sfuggire alle nostre responsabilità.
Spero che, almeno in tal senso, il “COVID19” sia servito a tutti noi.

Antonio M.